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Polittico Ascoli Piceno Scont

CARLO CRIVELLI

Polittico di Ascoli, 1473 ca
Tempera su tavola, 270 x 270 cm

al centro: Madonna col Bambino e i SS. Pietro, Giovanni Battista, Emidio e Paolo nella parte superiore: Compianto sul Cristo morto e ( a mezzo busto) i SS. Caterina d’Alessandria, Gerolamo, Giorgio, e Orsola; nella predella: Cristo Benedicente tra dieci Apostoli

pannello centrale 136×66

pannelli laterali centrali ciascuno 136×39

pannello superiore centrale 61×64

pannelli laterali superiori ciascuno 65×41

predella 27×280

firmata e datata OPUS KAROLI CRIVELLI VENETI 1473

Cattedrale di Sant’ Emidio

Il “Polittico del duomo di Ascoli” è un complesso pittorico autografo di Carlo Crivelli, ed è custodito nella Cattedrale di Sant’Emidio ad Ascoli, nella cappella del Santissimo Sacramento della stessa chiesa. L’opera conserva in pieno la sua originalità, ornata nella sua meravigliosa cornice gotico-veneta che ne mette in risalto il pulito cromatismo e le decise forme, colpite sempre obliquamente da fonti luminose, che richiamano la pittura fiamminga. Il complesso pittorico di Ascoli porta a termine il periodo più fecondo del Crivelli. La firma e la data sono state scritte sul gradino del trono nel pannello raffigurante la “Madonna col Bambino” (centro del registro centrale). Nonostante le grandi lodi pervenute al polittico dai più antichi studiosi, tra i quali il Ricci (1834), la critica del tardo Ottocento non risparmiò invece aspri attacchi, considerandolo sgradevole, sfigurato, “plasticamente debole e privo di grazia” (Lionello Venturi, 1907, “grottesco” (Cavalcaselle, 1871): un complesso pittorico che si sottraeva, soprattutto nei suoi valori essenziali, agli schemi toscani e classicheggianti. Agli inizi del Novecento i criteri di valutazione incominciarono a cambiare ed il complesso ascolano, anno dopo anno, fu giustamente rivalutato nella sua vera dimensione pittorica, dal primo elogio del “substrato mantegnesco” (Adolfo Venturi, 1914), all’accostamento alle opere del Giambellino (Drey, 1927). Il valore dell’opera crivelliana, soprattutto per la “originalità e la coerenza assoluta dello stile” (Zampetti, 1952), viene oggi riconosciuto all’unanimità dagli studiosi di Storia dell’arte. L’opera fu sottoposta negli anni Settanta dello scorso secolo ad un accurato restauro a Urbino.
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Progetto “Le Città Crivellesche”
sostenuto dalla Regione Marche – Assessorato alla Cultura
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